ALAN+ è un duo composto da Tony Vivona e Alessandro Casini, navigati musicisti di stanza a Firenze con alle spalle svariati progetti quali Deadburger, Le Giardin des bruit, No One Orchestra.
Basi elettroniche, synth, basso, piano e voce (Tony); chitarre acustiche ed elettriche, vibroplettri, disturbi ambientali, dissonanze e seconda voce (Alessandro).
Il progetto ALAN+ (musica e poesia) ha radici piuttosto profonde. La cifra stilistica del duo si ispira ai reading inaugurati in nord America con la beat generation ma poi emulati in tutto il mondo nei circuiti culturali alternativi.
Spoken word music,quindi: un testo narrato su una trama musicale.
Gli artisti di riferimento sono Nick Cave, Grindermann, Einstürzende Neubauten, Low.
Il testo è il punto di partenza di tutto il lavoro, descrive a volte in modo antropologico altre in modo epico, i comportamenti umani all’interno dell’habitat urbano e l’emotività che li pervade.
La struttura sonora è una forma di post rock elettronico dato dal mix di suoni elettronici, analogici e interventi di strumenti acustici con il basso di Tony e la chitarra di Alessandro.
Non una colonna sonora ma una musica che vive di vita propria ed che ha una grande forza evocativa.
SWZ: Prima domanda forse scomoda: cosa vi ha spinto a considerare primario il voler pubblicare un album lontanissimo dagli stilemi discografici e dalle mode attuali che vorrebbero musica di tutt’altra specie?
TONY: In realtà non ci siamo posti nessun tipo di target stilistico e non abbiamo fatto nessuna congettura relativa al mondo discografico che ci circonda.
ALAN+ è progetto che nasce dalla nostra necessità di fare musica, di esprimerci con questo mezzo che amiamo molto anche da fruitori.
Fondamentalmente non ci interessa cosa chiede il pubblico in generale; siamo molto più interessati a trovare il pubblico ‘giusto’ che gradisca ciò che abbiamo da dire, con le parole e con la musica. In merito a questo possiamo dirti che, dopo circa un mese dall’uscita di ANAMORFOSI, di aver scoperto un vero e proprio mondo di appassionati dello spoken word, del post rock, anche se fatto in chiave elettronica come il nostro, e della musica dark/wave, non tanto come genere musicale ma come intenzione.
SWZ: Quali sono le vostri fonti di ispirazione?
TONY: Nella nostra scheda artista (quella che viene inviata come press kit) abbiamo citato Nick Cave, il suo side project, Grinderman, e anche i Low. Questi sono i nomi di alcuni dei nostri maggiori ascolti, che inevitabilmente influenzano quello che facciamo. Il ‘genere’ si determina alla fine di un lavoro (a volte è netto altre no). Ma ritengo il progetto ALAN+ molto eterogeneo, influenzabile e in mutamento, quindi non necessariamente ispirato da una sola fonte.
Molto importanti per i testi sono invece le letture. Le fonti letterarie, fra le quali citerei ovviamente i poeti della beat generation (Ferlinghetti, Ginsberg, Corso) che avevano un modo di fare poesia molto ritmico, basato sull’eufonia delle parole. Questo è ciò che tento di fare con i testi che scrivo. Leggendoli ad alta voce devono avere una precisa cadenza e devono ‘suonare’ anche senza musica.
SWZ: Hanno un filo conduttore i brani che avete pubblicato ?
TONY: Di base l’album non è stato concepito come un ‘concept’ ma sicuramente c’è un fil rouge che lega tutto il lavoro.
Mi piace pensare che l’ascoltatore venga introdotto in una sorta di percorso con il primo brano che ascolta, per poi uscirne con l’ultimo.
I temi trattatati sono sempre legati all’animo umano, al percepire emozioni ed eventi. Una sorta di osservazione antropologica, in parte generata dalle nostre esperienze personali, in parte alimentata dalle nostre conoscenze.
Quando scrivi (siano esse parole e musiche) attingi al tuo bagaglio personale, inevitabilmente direi.
SWZ: Come nasce un vostro brano di solito?
ALESSANDRO: Tutto nasce da un’intuizione, da una illuminazione che arriva sotto varie forme; un groove di basso (…Ancòra), una sequenza di accordi di chitarra (…Collisioni), oppure da un testo o da una singola frase (… A wonderful side of you). Noi siamo come gli strumenti che suoniamo, quando arriva la giusta intuizione entriamo “in risonanza”, sentiamo subito che la cosa può funzionare. Spesso ci scambiamo file audio su cui costruire il brano, creando tra noi un ping pong a distanza; la cosa bella è trovarci in studio o in sala prove e ricostruire quella stratificazione sonora di intuizioni. Ci troviamo sempre concordi sulle scelte, abbiamo da subito una visione chiara di come dovrà essere sviluppato il brano.
SWZ: In questi anni come si è evoluto il vostro sound, ci sono stati grossi cambiamenti rispetto al passato?
ALESSANDRO: In questi anno abbiamo lavorato a progetti diversi, fuori dall’emisfero ALAN+, ma comunque con delle aree di intersezione dovute a collaborazioni comuni, condivisioni e assonanze. Io ho proseguito la sperimentazione con i “vibroplettri” testando nuovi suoni, Tony ha lavorato su performance teatrali, poi ci siamo di nuovo riallineati nel progetto comune “Le Jardin des Bruits” (con un album in fase di missaggio), che vede oltre me e Tony anche Simone Tilli, Silvio Brambilla e Davide Noto. Passare da un progetto all’altro ti stimola a trovare sempre il suono giusto per quella situazione, a fare un “tuning” della strumentazione ed al tuo modo di suonare, a provare nuovi effetti. Questa è la vera evoluzione sul campo.
SWZ: Avete mai pensato ad una voce femminile in aggiunta alla Line Up ?
TONY: Direi decisamente di no. Per un motivo ben preciso in realtà.
Per il nostro primo disco IL SUONO DI SOHO ci eravamo avvalsi della collaborazione con SIMONE TILLI (con il quale collaboriamo da anni: Alessandro con i DEADBURGER, io con LE JARDIN DES BRUITS) che ha un timbro decisamente in tono col colore un po’ dark, un po’ wave, della nostra proposta. Per ANAMORFOSI, Alessandro ha insistito sul fatto che fossi io a metterci la voce. In quanto autore dei testi avrei decisamente interpretato in modo corretto le parole. A giudicare dai riscontri alla fine sembra essere stata una scelta giusta.
SWZ: Quali sono i vostri piani più immediati?
ALESSANDRO: Veniamo da un periodo di lockdown e restrizioni anti Covid19, quindi abbiamo una voglia matta di suonare dal vivo, di proporre il nostro progetto a un pubblico vero, in carne ed ossa. Stiamo provando e mettendo a punto il concerto che vedrà, oltre alla presentazione dei brani tratti da Anmamorfosi e da Il Suono di Soho anche delle performance di improvvisazione musicale con declamazione di testi in stile beat generation, cosa a noi molto cara.
SWZ: Concludete lʼintervista con un messaggio da mandare ai nostri lettori
ALESSANDRO: Solo per il fatto che stanno leggendo questa intervista, i lettori di SoundWave non hanno bisogno di consigli…
In questo spazio siamo nel nostro “mondo” fatto di scelte antagoniste, di sostegno alla musica indipendente.
Anche noi siamo, prima di tutto ascoltatori, quindi continuiamo ad ascoltare musica che ci smuova dentro qualcosa, che ci tocchi i nervi scoperti, più semplicemente che sia degna del tempo che gli dedichiamo.