
Debutto feroce e arrembante questo dei Criminal Madhouse Conspiracy, capaci di ergere un muro sonoro che chiama in causa formazioni come Slayer e Pantera, ma che sa anche distinguersi per soluzioni che sono vicine in un certo senso al death metal sia vecchia scuola ma melodico, Primi Arch Enemy e In Flames si possono sentire qui e là, soprattutto per quanto riguarda il reparto chitarristico, che a parte nella prima “Trashed”, man mano si fa sempre più elaborato, prendendo le distanze dal thrash metal brutale per offrire qualcosa di interessante e una costruzione delle canzoni più interessante e stratificata.
Si da così modo a tracce come “Animal”, “Spiritual Death”, “The Cage” e “Desert Storm” di svilupparsi con maggiore varietà ed una pesantezza che man mano prende sempre più pieno e si traduce in riff monolitici e una batteria che punta più su tempi medi che veloci, anche se abbiamo comunque tanti momenti dove la doppia cassa detta legge. La voce è quasi sempre espressa in growl; Ferdinando Barone sa che questo è il suo ambito più congeniale probabilmente, e quindi insiste su tonalità gutturali e quasi prive di melodia. Ma come dicevamo la base strumentale ha parecchia melodia e quindi la voce fa un po’ da contraltare a questo aspetto.
Una produzione più che buona (ricordiamo che siamo comunque al cospetto di un album di debutto) riesce a coinvolgere l’ascoltatore, i suoni sono levigati ma non artificiali, e catturano l’essenza live di un album al fulmicotone anche nella sua durata, di poco superiore ai venticinque minuti. Un album apripista per una band che ha tutto da dimostrare, ma che date le premesse riesce a impostare un discorso positivo e promettente per il futuro. Band da seguire, sicuramente.