Demoghillas, non credo nel bene e nel male, ma nel male e nel peggio

Demoghillas, non credo nel bene e nel male, ma nel male e nel peggio

I Demoghilas sono una one-man-band italiana di genere Metal Sperimentale, creati da Alfred Zilla (testi e strumenti); le influenze principali provengono da artisti come Rammstein, Black Sabbath, Alice Cooper, Goblin e anche nomi del Death Metal melodico come Amon Amarth e Arch Enemy, nonché da svariate colonne sonore cinematografiche (Goblin e Daemonia dei film di Dario Argento) o di videogiochi (Nobuo Uematsu, compositore della saga di “Final Fantasy” rientra tra i principali ispiratori delle composizioni). Le tematiche del gruppo sono incentrate per lo più sul lato oscuro di ogni individuo, sulla misantropia, su opere horror fantasy, su temi apocalittici, distopici e soprannaturali – sette peccati capitali, quattro cavalieri dell’apocalisse – e su personaggi antagonistici di fantasia come quelli di fumetti e videogiochi – ad esempio Godzilla o il Joker – e il nome “Demoghilas” deriva da un personaggio anti-eroe di un vecchio racconto scritto da Alfred nell’estate del 2011.

SWZ: Ciao Alfred, come e quando prende vita Demoghilas?
Demoghilas:
Ciao a tutti, amici di Sound Waves Zine, e grazie! Il progetto Demoghilas ha origini lontane quando le tematiche attuali dei testi che oggi conoscete non c’erano, e di conseguenza non c’erano neanche i demoni che ne avrebbero fatto da ispirazione, ma in compenso c’era solo la voglia di fare musica. Ho sempre voluto fare il musicista, fin da ragazzino, e anche dopo alcune fasi di allontanamento, non ho mai rinunciato. Il nome viene da un personaggio di un mio vecchio racconto che, superato il blocco dello scrittore che ancora mi affligge, grazie demoni e gente che me li ha procurati, riesumerò. Demoghilas non è solo un progetto solista o un alter-ego. È un altro mondo che questo mondo non merita. Un mondo di poesia costretto a vivere in un mondo di burocrazia. Il mio mondo. Io non credo nel bene e nel male, ma nel male e nel peggio. Non credo nella verità, ma nei punti di vista. Non credo nel leader, ma nell’alpha animale. E Demoghilas è questo mondo in cui se insegui la persona che ami per darle il tuo cuore non vieni denunciato per stalking, se fai un patto con il Diavolo onori il contratto o paghi il prezzo, e non fai promesse – lavorative e sentimentali – che non puoi mantenere se hai già firmato col sangue, dove la giustizia la si fa in proprio e anziché rivolgersi agli uomini della legge devoti ad un ordine di bugie, ci si rivolge a sicari e mercenari, dove ci sono persone che meritano di essere trattate da fratelli e individui che meritano di essere tiranneggiati e puniti per il male che hanno fatto. È tutto un doppio: Jekyll e Hyde, la poesia contro la burocrazia, il male contro il peggio, sullo stesso terreno del Pianeta Terra.

SWZ: Quali sono le tue fonti di ispirazione?
Demoghilas:
Gruppo del cuore: i Rammstein, dalla maggiore età. Gruppi che influenzano il mio stile: Black Sabbath, Amon Amarth, Arch Enemy, dalle chitarre di Tony Iommi e Michael Amott alle influenze vichinghe del Melodic Death norreno. Mi sono sempre mosso dentro quelle acque Industrial Melodic Death Doom Metal. Ma sono anche un estimatore del Rock acustico e delle Power Ballad. Così come anche le colonne sonore Rock Progressivo dei Goblin, nei film di Dario Argento, o dei videogiochi di «Final Fantasy» firmati da Nobuo Uematsu. E l’obiettivo è di unire questi generi in uno stile che non abbia etichetta, finanche a non essere per forza codificato nel genere Metal, ma che allo stesso tempo piaccia anche al mio pubblico.

SWZ: Hanno un filo conduttore i brani che hai appena pubblicato ?
Demoghilas:
Certo, è un album a proposito dei Sette Peccati Capitali, nella Pasqua di un mondo segnato dal Covid e del già citato altro mondo dominato dall’oscurità e dai demoni dell’abbandono e del tradimento, con la speranza reclusa a ultima sopravvissuta. Ho visto, prima di iniziare questa chiacchierata, un bellissimo film Dreamworks, «Dragon Trainer 3». Viene detta una frase stupenda: «Quando c’è amore c’è anche separazione. A volte è doloroso, ma fa parte del patto. Non c’è dono più bello dell’amore.» Io non ho mai conosciuto la separazione. Quella è quando due innamorati hanno una difficoltà come la lontananza ma il loro legame non si spezza, l’ho visto in due coppie di miei migliori amici. Io ho conosciuto solo l’abbandono. So bene che vuol dire venire rimosso da un’equazione perché meno importante della carriera o perché non è come l’altro lo vorrebbe, senza trovare un compromesso nell’egoismo naturale di entrambi. In questo album, inizialmente pensato come un album di scarti, c’è questa storia: la rabbia per le privazioni che il governo di buffoni ci ha imposto a causa di questo virus, la frustrazione per la stupidità del mondo che si è dimostrato troppo stupido per finire anche in una pandemia, il dolore per l’abbandono e per il rifiuto. La produzione era già ultimata, quando è avvenuto un episodio di inganno e abbandono che avrebbe dato un’ulteriore nota di masochismo nel disco, e che mi tormenta ogni giorno mentre cerco di dimenticare e di rimediare ai guai che mi ha causato. Strumentalmente parlando, i suoni sono gli stessi per ogni singolo, dalla batteria a doppia cassa alle chitarre in tremolo, per omaggiare il Death Melodico che avevo ancora trattato poco. Senza che per forza fosse un album Melodic Death puro, l’Industrial Doom sperimentale circola sempre.

SWZ: Come nasce un tuo brano di solito?
Demoghilas:
Diverse melodie, quasi tutte già trasformate in brani, le avevo in testa da quando iniziai a studiare musica, altre me ne sono venute nel corso degli anni sempre mediante lo stesso procedimento: traendo ispirazione dalle canzoni che mi piacciono di più e cercando di fare una specie di «double-mix»… ti faccio un esempio: «Feuer Frei» dei Rammstein + «After Forever» dei Black Sabbath = «Bearminator» dei Demoghilas. O, parlando del nuovo album: «Beast of man» degli Arch Enemy + «Europa» degli Oomph! = «Bomb». O anche «Doom over dead man» degli Amon Amarth + «Termination Bliss» dei Deathstars = «Sin Easter», la title track. È una fusione di due storie che sono state già narrate, ma che devono essere ricordate e riscritte secondo la propria semantica, generando qualcosa di nuovo. La base mi è fondamentale per i testi, e lì lascio che siano i demoni, la rabbia dell’ambiente circostante o la felicità di qualche mia opera di fantasia, ancora di salvezza, a guidarmi nella stesura della storia. Registro tutto a casa mia, nel mio studio casalingo, in cuffia, a qualunque ora. Incidere una traccia di chitarra di notte, credo sia la cosa più bella di questo mondo, che sia in uno studio professionale o casalingo o in un parco o al mare.

SWZ: Ha subito un’evoluzione il tuo sound, dalla nascita ad oggi ?
Demoghilas:
Io cerco di mantenere sempre una coerenza in ogni album, e con «Sin Eeaster» sento di esserci riuscito, a differenza del precedente «Gallows Hood», partorito dalla rabbia e dall’odio e che, anche se è prevista una remaster, non avrà quel filo conduttore che hanno questo ultimo album e il primo lavoro «Vengeance on all!». Il primo album aveva influenze Doom, il secondo Prog/ Industrial e quest’ultimo Death Melodico. Riguardo i testi beh, sono sempre tematiche ciniche, amare, nichiliste, contro il mondo e il suo sistema. Ma qui, forse presente solo nel brano «Gallows Hood» circolano anche degli sprazzi di speranza, in modo che la storia che ancora prosegue trovi il lieto fine che la sta cercando. Che io sto cercando. E che sicuramente stiamo cercando noi di questo piccolo folle clan.

SWZ: Quanti brani hai lasciato nel cassetto non inclusi su “Sin Easter?
Demoghilas:
Solo uno. Avevo in mente una Power Ballad, che però farà parte del prossimo album. Forse sarà un pò off-topic, ma mi è venuto in mente ora da questa domanda. Ho un piccolo rimpianto, proprio sul primo album, ma che all’epoca non pensavo: l’ho chiamato «Vengeance on all!», vendetta su tutto, perché all’epoca sembrava un urlo di guerra. Ok, ormai, ma se potessi tornare indietro gli avrei dato il titolo più efficace di «Let there be Vengeance!»… ecco, questo è uno scarto che un giorno potrebbe sicuramente far parte di un’altra raccolta di racconti!

SWZ: Quali sono i tuoi piani più immediati?
Demoghilas:
Ho iniziato la pre-produzione del prossimo album, che uscirà tra due anni esatti. E nel frattempo so che saranno cambiate delle cose: indubbiamente cambierò casa, per allora spererò, ogni giorno che passa, troppo scemo per arrendermi, e mi impegnerò a raggiungere quel lieto fine, o tutte le strade che ci facciano incontrare, corte o lunghe che siano. Nel frattempo, anche se sarà una cosa piccola, pari ad una festa locale, rimettere su la squadra e fare qualche concerto in città. Non sono uno dalle grandi ambizioni, non miro a suonare in stadi o festival, sono convinto che oggi non esista band emergente di questo genere underground che possa raggiungere traguardi Maideniani, purtroppo. Mi piace mantenere un basso profilo, il desiderio di suonare fuori dalla mia città, comunque, resta e un giorno, a costo di cambiare musicisti ad ogni zona, vorrò farlo. Fuori dalla musica, ma che comunque ha un uguale impatto comune con la scrittura, portare a termine i racconti che influenzano la mia stessa musica, che a causa delle delusioni della mia vita privata ho lasciato in cantina a fare la muffa. E poi, il progetto più importante di tutti che cerco di portare avanti ogni giorno, con estrema difficoltà: fare pace con me stesso, curare la mia salute mentale, dimenticare tutto il male subito o smettere di pensarci. La musica, la scrittura, i film e i giochi sono la mia sola terapia.

SWZ: Concludi lʼintervista con un messaggio!
Demoghilas:
Primo, grazie per il tempo e l’interessamento. Secondo: potrei rendermi conto di non andare a genio a chiunque con queste mie parole, ma badate bene: sono le parole di un uomo spezzato, deluso e amareggiato, da prima che avesse tutti questi pensieri. Questo mondo sporco, casinista sovrappopolato e ipocrita mi ha stancato. Per me è sempre stato importante piacere al prossimo, ma ormai non posso negare di avere dei nemici là fuori, venuti anche dopo la scuola, che per me è stato il girone infernale per eccellenza: amici traditori, ex fidanzate, interessi amorosi dalla doppia faccia… Ogni giorno, nel mio inferno e nella mia rabbia, impiego quegli attimi di accidia ed apatia ad augurare loro il peggio del peggio, come una trappola di Saw l’Enigmista, così che capiscano che se non possono comandare e possedere devono accettare di essere comandati e di appartenere a qualche altra cosa, senza rovinare la sensibilità altrui, e che abbiano rispetto per le sofferenze di chi ha avuto una brutta storia. Noi tutti abbiamo dei demoni e una storia brutta. Non è un buon motivo per regalare altri demoni e trascinare all’Inferno chi ci vuole bene. Mi rendo conto di essere stato un Signor Diavolo anche con i miei amici, che hanno dovuto vedermi soffrire, ma ho sempre fatto in modo di rimediare, anche isolandomi per non generare altri attriti e per calmare le acque. Dal male, come un incendio in una foresta, nasce sempre qualche fiore di speranza: ho imparato a convivere con la solitudine, che tanto mi terrorizzava, e che ha partorito questo «Sin Easter». Ci sarà sempre qualcuno che meriterà una brutta storia, un attimo di odio, per del male che ha fatto. E che alla fine, per la propria forza di volontà, o per il lieto fine che noi cerchiamo, la serenità che getta luce sulla bugia della felicità dettata dal sistema, gli faccia guadagnare la nostra indifferenza. Diamogli potere finché sarà il tempo. Perché poi, come loro ci hanno strappato la nostra serenità, noi gli strapperemo quel potere e lo polverizzeremo quando non sarà più nulla. Demoghilas non è una scuola di vita e non lo sarà mai, ma è di questo che parlo nelle mie canzoni. Ricordatevi sempre: Noi siamo Groot. E noi… siamo Venom! Grazie a tutti, Godzilla chiude

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