Fiume Nero – “Lovecraft Cap II”

Fiume Nero – “Lovecraft Cap II”

Oggi mi dedico al black metal, e precisamente ai Fiume Nero di Brescia, con il loro album datato 2021 prodotto da Vacula e riproposto da Broken Bones Records nel 2022. La band è composta da Enna Cancry alla chitarra, Simon Desecrator alla voce e Post Mortem alla batteria. Quello che salta subito all’orecchio è la mancanza del basso ed il cantato in italiano. Quest’ultima cosa non è assolutamente scontata, ma devo ammettere che da qualche anno tantissime band black metal stanno iniziando a cantare in lingua madre e questo secondo me è encomiabile per poter dichiarare senza ombra di dubbio che anche noi italiani possiamo fregiarci di un nostro black metal. Il disco in recensione ha un total running davvero importante, arrivando all’ora e quindici minuti, per dodici brani, il primo dei quali è “Necronomicon”: i sintetizzatori aprono il pezzo, l’andamento è inquietante, la batteria parte come una mitragliatrice, la chitarra è grezza e tagliente come nella tradizione del buon metallo nero di una volta, la voce di Simon è astiosa, profonda e decisamente maligna. E’ possibile apprezzare in modo minuzioso il songwriting, visto il cantato in italiano. Il brano è caratterizzato da parti decisamente più strumentali dove si possono percepire buone strutture sonore, con buoni cambi di ritmo che aiutano a cambiare il mood mellifluo del pezzo.

“La morte alata” è la seconda traccia del disco che parte in modo abbastanza tranquillo, con la batteria e la chitarra unite in una nenia quasi psichedelica, poi gradualmente si innalzano i ritmi fino a diventare furiosi, la voce non si discosta per nulla dallo standard precedente, anche in questo pezzo i cambi di ritmo fanno la differenza è si sente, perché a mio parere a volte il black metal tende a diventare un monoblocco al limite dello stucchevole che in questo caso, con la soluzione adottata dai musicisti bresciani risulta decisamente più fruibile.

Si prosegue con “l’Alchimista”, qui i ritmi sono sostenuti fin dall’inizio per poi rilassarsi con il passare dei minuti, la voce è sempre ruvida e maligna, a tratti diventa narrata, aumentando il pathos del brano, il batterista in questo brano sputa letteralmente sangue tanta è elevata la performance. Mi piace anche come i synth si inseriscono sul finale per aumentarne lo spunto. Ora possiamo passare alla quarta traccia denominata “Il colore venuto dallo spazio”. Batteria e chitarra sugli scudi con andamento altalenante, che poi fisiologicamente tende a tornare ad un black metal non furioso ma abbastanza deciso, un brano che che se non fosse per la voce di Simon che ogni tanto modifica l’andamento del tutto, risvegliando l’ascoltatore, potrebbe essere classificato come una melma untuosa che sfocia nel rumore di fondo. Scusate Fiume Nero non mi è proprio piaciuto questo pezzo…Continuiamo con rinnovata energia al quinto pezzo di questa trasposizione musicale delle novelle del celeberrimo scrittore americano H.P.

Lovecraft con “Memento Mori”, e già si cambia registro. Ritmi subito altissimi, la chitarra e la voce sono ruggenti, anche la batteria è furibonda, un buon pezzo di malsano black metal, buone le architetture sonore. Un brano che incita ad essere ascoltato perché risulta all’ascolto essere molto coinvolgente, tra cavalcate di batteria e chitarra…Con “La musica di Erich Zann” giungiamo a metà del simpatico dischetto, le sonorità sono nuovamente subito rabbiose si sente il cambio di tonalità della chitarra.

Un brano nuovamente interessante, che prende. Il ritornello è quasi melodico, le tastiere i synth si inseriscono bene nel contesto dando profondità al suono, questo ci piace… “Abel Foster”, canzone che si apre nuovamente in modo sfolgorante, batteria a mitraglietta, voce graffiante e chitarra affilata, nonostante il brano sia un concentrato di furia e astio lo trovo un monolite nero senza anima, fino al minuto tre e venti, quando le sonorità cambiano in modo drastico e diventano meno graffianti ed un po’ più profonde senza però modificare il mio giudizio: se le due precedenti mi sono piaciute molto questa può andare tranquillamente nel dimenticatoio. Passiamo ora all’ottava traccia dal titolo “La città senza nome”. Chitarra in primo piano ed ecco la batteria, tamburellante, la voce sempre cattivissima, sound decisamente claustrofobico. L’ascoltatore viene praticamente assalito da un mix di disperazione e rancore, un brano corto, tutto settato per fare male, ed il risultato è più che ottimo.

Mi piace come esce dalle casse dello stereo e sul finale qualche vocalizzo di Simon impreziosisce ancora di più questo capitolo dell’opera che continua con “L’Estraneo”, brano lungo, oltre i sei minuti contraddistinto da passaggi tipicamente black metal decisamente rabbiosi ed altri un pelo più rilassati. Quello che salta all’orecchio è sempre il dualismo chitarra e batteria, che si muovono all’unisono creando un “fiume nero” di malignità, che appaga l’ascoltatore ed invita all’ascolto. Sui quattro minuti e cinquanta uno spiraglio di rilassatezza immediatamente tarpato da una nuova onda di odio, e sul finire un bel riff di chitarra che rimane in testa. Ed ora “I sogni nella casa stregata”, decimo pezzo di questo lunghissimo album, batteria più bassa e profonda, e chitarra meno tagliente, i ritmi sono comunque alti, la voce è moderatamente effettata quasi un’eco, unendo tutte queste cose il risultato è più che buono, cinque minuti e quarantacinque di puro odio in musica, un brano che va interiorizzato perché inizialmente può sembrare scontato ma poi riascoltandolo in maniera più particolare si può apprezzare il grande lavoro del gruppo bresciano.

Con “Requiem” arriviamo al penultimo brano, e naturalmente il fil rouge è sempre il medesimo, odio rabbia e rancore tutto apparecchiato e servito nel migliore dei modi. Sui due minuti e trenta solo la batteria, poi la chitarra in un arpeggio che piace tantissimo per come è congegnato, ed a coprire tutto la voce di Simon che è come una colata di fango nero sull’immensità del mondo… Giungiamo ora all’epilogo di questa corposa opera dei Fiume Nero con “Mors Omnia Vincit”, lunghissimo brano che sfiora gli undici minuti, la batteria è veloce, la chitarra è affilatissima. Non un secondo di respiro fino ai due minuti e trenta circa, quando i ritmi si abbassano per circa un minuto, poi blast-beats come se piovesse, il ritmo è altalenante, a tratti sembra che le casse debbano esplodere sotto i colpi di batteria, in alti frangenti si percepisse come se si volesse dare uno spiraglio alla disperazione musicata dal trio bresciano, ma non ci crede nessuno perchè gli ultimi minuti sono davvero sanguinari. Conclusioni Finali: devo ammettere che recensire un disco di questo genere mette davvero a dura prova anche il recensore più cazzuto, I Fiume Nero, lo dice la parola e perdonatemi la ripetizione sono veramente incazzati neri, mai mi è capitato di recensire un disco così lungo con nessun momento di pausa, questo disco non ammette momenti riflessivi, solo puro e solido Black metal italico.

Sui due brani che poco mi hanno convito ho già fatto menzione, quindi non dico più nulla, per il resto devo dire che il disco mi è piaciuto abbastanza. Resta il fatto che sia un album non di facile ascolto, bisogna interiorizzarlo ascoltarlo più volte ed assimilarlo lentamente, per apprezzarne il songwriting e le sonorità malsane e claustrofobiche, quindi un’opera non per tutti. Sicuramente non per il metallaro della domenica o da ascoltare in auto mentre si va al lavoro, ma per l’ascoltatore assiduo, per l’adepto del fumante metallo nero.

Recensore: Igor Gazza

Voto: 7/10

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