I Plebei, non ci ispiriamo a nessuno se non a quanto viviamo ed osserviamo

I Plebei, non ci ispiriamo a nessuno se non a quanto viviamo ed osserviamo

Anticipato dal singolo “Gioiamara”, esce in cd ed in digitale, il 28 maggio 2021, “Semisterili” il nuovo disco della folk band trentina I Plebei, pubblicato e distribuito da Alka Record Label. Produzione artistica di Michele Guberti (Massaga Produzioni), con la partecipazione di Manuele Fusaroli, produttore di alcuni dei maggiori dischi indie italiani, presso il Natural HeadQuarter Studio di Ferrara.
Così la band descrive il nuovo lavoro: Il titolo è formato da una sola parola composta da due termini: “Semi” e “Sterili”. Il primo termine ha due significati come segue:
SEMI: 1. Semenza, 2. Per metà
Ecco che la parola intera acquista anch’essa due significati che stanno alla base di ciò che l’intero EP vuole comunicare.
Nel primo significato, “Semisterili” indica dei semi che non daranno frutto, una semenza che, sparsa nei campi, non attecchisce affatto. È questo che la musica plebea sembra fare: Seminare una serie di messaggi, sterili all’apparenza, che non sembrano essere recepiti nell’essenza; semi dormienti (messaggi) per campi dormienti (umanità) in una stagione dormiente e sfavorevole (cultura).
Il secondo significato evolve, completa e conclude il primo; implica cioè un cambiamento di stato già presente in potenza. I semi sterili si rivelano così semisterili, sterili solo per metà, vale a dire che cominceranno a dare frutto solo quando i campi saranno pronti ad accoglierli ed accudirli, ma affinché ciò accada, anche la stagione dovrà essere favorevole.
Con questo nuovo lavoro, I Plebei non pretendono affatto che i loro messaggi attecchiscano e fruttifichino nella coscienza collettiva. Semplicemente continuano a svolgere il loro duro lavoro con la certezza e la speranza che prima o poi la cultura torni ad essere amorevole madre ed autorevole educatrice, un vero e proprio cambio di stagione insomma. Solo così l’umanità potrà essere pronta ad accogliere l’altra metà del messaggio, quello affatto sterile, il mezzo seme in grado di fruttificare e di nutrire gran parte dei campi attualmente sterili.

SWZ: Ciao ragazzi, come e quando prende vita la band?
I Plebei:
Il nome della band nasce da un aneddoto accaduto al cantante nei primi anni 90 del secolo scorso. Egli infatti, passeggiando in prossimità di un gruppo di ragazzi usi a vestirsi di marca, venne apostrofato come “plebeo” per il solo fatto di apparire visivamente estraneo rispetto al loro ceto sociale. Di tutta risposta il cantante si vantò di essere plebeo autoproclamandosene re e profetizzò loro che avrebbero sentito parlare della sua stirpe. Di lì a poco nacquero I PLEBEI.

SWZ: Quali sono le vostri fonti di ispirazione?
I Plebei:
All’inizio l’ispirazione proveniva da artisti come Otis Redding, Aretha Franklin, Ray Charles, Vasco Rossi, Celentano, Queen ecc., ma poi la libera ispirazione ha preso il sopravvento inducendoci a rifiutare naturalmente un modello al quale fare riferimento. Attualmente non ci ispiriamo a nessuno se non a quanto viviamo ed osserviamo.

SWZ: Hanno un filo conduttore i brani che avete pubblicato?
I Plebei:
Sì, certo, i nostri dischi hanno sempre avuto un tema unico e “Semisterili” non fa eccezione. Ciascun brano dell’EP vuole comunicare una sorta di sterilità socio-culturale paragonata ad un terreno arido ed incapace di dare il giusto nutrimento ai semi che custodisce. Noi Plebei ci stiamo improvvisando giardinieri tentando di seminare una serie di “messaggi-seme” con l’ottimistica speranza che un giorno questi possano finalmente germogliare. La nostra consapevolezza però ci dice che la stagione è sfavorevole, ma nonstante tutto, continueremo a svolgere il nostro duro lavoro con la certezza e la speranza che prima o poi la cultura torni ad essere amorevole madre ed autorevole educatrice, un vero e proprio cambio di stagione insomma. Solo così l’umanità potrà essere pronta ad accogliere l’essenza del messaggio, quello affatto sterile, ma in grado di fruttificare e di nutrire gran parte dei campi attualmente sterili.

SWZ: Chi è il primo di voi a portare l’idea in sala prove?
I Plebei:
La cosa è variabile, alcune volte i pezzi nascono da una melodia, altre volte da un giro armonico e altre volte ancora il pezzo nasce già fatto nell’imperscrutabile ed allucinata testa del cantante. Comunque generalmente, prima di sfornare una canzone, passaiamo ore ed ore in sala prove e tutti assieme ci mettiamo del nostro affinché il prodotto possa essere gradevole a tutti.

SWZ: Ha subito un’evoluzione il vostro sound, dalla nascita della band ad oggi?
I Plebei:
Ciascun plebeo rappresenta un elemento della natura: Acqua l’Esagravicordista orizzontale, Terra il Cilindrista a percossa, Fuoco il Vibrafonista a soffietto, Aria l’Esacordista solitario e la Quintessenza o Etere il Verbafonista a palla. Va da sé che la sostituzione di un solo elemento, porta sempre ad una differente espressione dell’arrangiamento. Nel corso dei lustri, infatti, la Band si è evoluta grazie a qualche sostituzione, ma anche attraverso la crescita esperienziale e personale di ciascun elemento.

SWZ: Avete mai pensato ad una voce femminile in aggiunta alla Line Up?
I Plebei:
All’inizio era così, vale a dire che i primi Plebei erano formati da ben 8 elementi: Voce, Basso, Batteria, Tastiera, Chitarra e tre Coristi, tra cui due femmine e un maschio. Tuttavia l’esperienza ci ha spinti ad escludere quella modalità, non solo per l’estremo impegno compositivo, ma anche per motivi prettamente ormonali.

SWZ: Quali sono i vostri piani più immediati?
I Plebei:
Suonare, fare concerti e creare, dopodiché suonare, fare concerti, creare, suonare, fare…. ecc. Durante la psico-pandemia abbiamo sofferto moltissimo l’impossibilità di trovarci a prove, di esibirci in concerto o a bere semplicemente qualcosa assieme. Quindi adesso per noi la priorità assoluta è quella di produrre, metabolizzare ed offrire la nostra arte.

SWZ: Concludete lʼintervista con un messaggio!
I Plebei:
So chi sei perché mi conosco! (C.H.O.P.I.I.)

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