Nicola Guida “Speleology”, il nuovo album dell’artista e jazzista, un lavoro cerebrale e insieme underground uniti a una scrittura cinematica

Nicola Guida “Speleology”, il nuovo album dell’artista e jazzista, un lavoro cerebrale e insieme underground uniti a una scrittura cinematica

“Speleology” è l’album d’esordio di Nicola Guida, disponibile dal 25 giugno per la newyorkese Inner Circle Music, label fondata dal leggendario Greg Osby, distribuito da The Orchard.

Nel primo disco del pianista c’è una combinazione di abbandono e controllo, tensione ed equilibrio, la dimostrazione convincente di una scrittura brillante e di una tecnica fuori dal comune. L’ascoltatore si trova catapultato in una dimensione sotterranea (dal greco spélaion – caverna – e logòs – discorso -, la speleologia infatti è la scienza che studia le cavità naturali). È in questo diggin concettuale e (de)compositivo, in questa danza funambolica tra superficie e profondità, che la musica diventa il medium di un’esperienza immersiva e totalizzante. L’uscita dell’album è stata anticipata da due singoli nel 2020: “Anamnesys”, definito dal pianista ‘manifesto’ del disco, ballad dove l’atmosfera inizialmente rarefatta e sospesa costruisce un climax da quiete apparente prima dell’imprevisto, e “Come Inside”, brano costruito intorno a un sample ricavato da A Starless Night – Il Dio Sotto La Pelle (1974) di Piero Piccioni, che vede la partecipazione di Karnival Kid, aka Charles Burchell. Da “Event horizon”, traccia in piano solo, quasi un interludio in cui Guida rimane come assorto davanti alla zona d’ombra che lambisce il buco nero, si scivola in “Sycophant”, brano in cui il pianista dice senza mezzi termini di essere un jazzista. “Maximum Depth Is Its Surface” e “L’Espace du dedans” si presentano come agli antipodi, ma insieme speculari; da un lato lo skit estemporaneo, R&B, nello spazio iperrealista della metropoli contemporanea, dall’altro il brano cameristico, minimalista, nello spazio mistico dell’altrove. Infine “The Blade Sensei: Suite For A Suicide Shokunin”, con il featuring del leggendario sassofonista statunitense Greg Osby: un tributo al Giappone, dove il pianista ha vissuto come artista residente all’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo. Nella scelta dei suoni, come del titolo, c’è un chiaro riferimento alle lame, ai coltelli, forse a Tarantino, evidentemente all’harakiri dei samurai.

Nicola Guida è un artista poliedrico e di rara profondità: il suo album d’esordio mostra una rete di simbologie che si denudano (Lars Von Trier, Lacan, De Chirico, Philip Roth) e che sfaldandosi assumono forme paradossali, crude, decostruite, la cui copertina del vinile, che porta la firma di un nome importante dell’arte contemporanea come quello di Jesse Draxler, ne è la rappresentazione perfetta. “Speleology” è l’indagine spasmodica della cavità, la ricerca della feritoia, dello spazio dentro e fuori di noi. È l’esperienza sensoriale e astratta del vuoto reso pieno, quindi vivibile e accettabile, solo dalla musica.

“Al termine speleologia do chiaramente un valore simbolico: è pratica, è medium, è rituale. Come per il derviscio rotante nell’ abbandono di sé attraverso la musica e la danza, la Speleologia è quell’atto psicomagico che conduce tra le braccia del niente, inebriandosene. Un baccanale irrinunciabile che porta in dono l’accettazione assurda e paradossale dell’essere di questo mondo.”

Nicola Guida, classe 1988, pianista, compositore e produttore italiano di base a Londra, è considerato uno dei musicisti jazz italiani più ispirati della nuova generazione. Si è formato con Barry Harris, Peter Martin, Aaron Goldberg, Greg Burk e Danilo Rea. Ha suonato sui palchi di Umbria Jazz, Roma Jazz Festival, Electrik Jinja Tokyo, Jazzit Fest, Unit31 London, Vladí Mladí Jazz Prague, The Jazz Cafe London, Gaeta Jazz, Macro Roma, solo per citarne alcuni. Le sue collaborazioni includono alcuni dei più rinomati musicisti internazionali come Lee Pearson, Greg Osby, John B. Arnold, Rosario Giuliani, Paolo Damiani, Byron Wallen, Beppe Vessicchio, Fabio Zeppetella, Alita Moses, Ryo Shibata, AINÉ, Tatsuo Sunaga, Charles Burchell, Yoshihito P Koizumi, Alex Braga, Gaetano Partipilo, Sheila Maurice Grey, Neue Grafikk, Josh MckNasty Mckanzie, Khalab e molti altri. Nel 2015 ha vinto il premio come miglior solista al Fara Music Jazz Festival, ed è stato tra i vincitori della prima edizione di AIR nel 2017, un progetto promosso dall’Associazione Italiana Musicisti Jazz e dalla Società Italiana degli Autori ed Editori, che lo ha portato a trascorrere un mese di residenza presso l’Istituto Italiano di Cultura, a Tokyo. Nel 2019 è il vincitore del Jazzfruit International Award al Mladí Ladí Jazz di Praga. Lo stile di Guida, cerebrale e insieme underground, uniti a una scrittura fortemente cinematica, rappresentano il marchio di fabbrica del pianista. Inoltre, il singolo “Come Inside” è approdato in due tra le più importanti playlist editoriali di Spotify, “State of Jazz” e “Fresh Finds”, raggiungendo in poco più di due mesi 70mila streamings.

Tutti i brani sono stati prodotti da Nicola Guida; hanno collaborato al disco Eddy Cicchetti (contrabbasso), Dario Panza (batteria), Francesco Fratini (tromba), Greg Osby (alto sax) e il rapper Karnival Kid. Registrato da Davide Abbruzzese, mixato da Davide Palmiotto e masterizzato da Emanuele Bossi.

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