Band ferrarese, i FARABUTT! sono composti da 6 musicisti, con esperienze diverse: qualcuno suonava hard core con gli H- strycnine, qualche altro si è divertito con il reggae e rocksteady
nei cookoomackastick, c’è chi ha portato in giro il rock and roll con i let’s get lost e con i dubby dub, chi ha incarnato il metal in svariati progetti musicali e chi si è diplomato in musica elettronica al conservatorio mentre suonava la tromba nella banda di paese.
Hanno riempito le storie di distorsioni, di elettronica, di tante voci diverse, di trombe e cori stonati, cercando di farle diventare canzoni da cantare a squarciagola in macchina mentre si è in coda prima di andare al lavoro: convincendosi per un attimo di essere ancora quel giovane farabutto che voleva bruciare il mondo con, davanti a lui, gli attimi migliori di sempre.
SWZ: Ciao Ragazzi, parlateci della copertina!
FARABUTT!: Ciao a voi! L’immagine del disco, ovvero quella di un caprone antropomorfo che disegna un cuore rosso sangue su bambini felici, è un’opera del nostro amico Ale Costanzelli, creata per noi dopo aver ascoltato le nostre canzoni. Rassicurante vero? Per noi rappresenta bene graficamente quello che volevamo comunicare sia attraverso la musica che attraverso i testi. Ovvero state attenti bambini, che chi pensate vi stia trattando bene, in realtà vi sta fregando…
SWZ: Quali sono le vostre fonti di ispirazione?
FARABUTT!: Musicalmente siamo figli degli anni Novanta, ci portiamo dietro quel modo di intendere e di pensare le canzoni. Però siamo curiosi, vi sono numerosi artisti attuali che stanno facendo qualcosa di bello e di fresco, ad esempio gli young fathers, yves tumor o i the armed, giusto per citarne tre. Ma l’ispirazione non arriva solo dalla musica: vi sono tanti riferimenti rubati dalla quotidianità, dalle storie di paese, dal cinema o dalla letteratura… abbiamo assorbito un sacco di roba per scrivere queste canzoni!
SWZ: Hanno un filo conduttore i brani che avete pubblicato?
FARABUTT!: Si, l’intento è stato quello di raccontare storie utilizzando l’ironia ed appoggiandoci spesso alla dimensione surreale. Siamo convinti che in questo periodo storico in cui tutti mostrano i fatti propri (anche se filtrati dai filtri di correzione), sia più efficace descrivere un’emozione attraverso un’immagine non per forza aderente alla realtà. Un po’ come le favole che sentivi da bambino. Allontanarci dalla realtà o scherzarci sopra ci ha permesso paradossalmente di parlare di cose che sentivamo molto vicino.
SWZ: Come è nata la scelta del nome della band?
FARABUTT!: Farabutt! è un termine che ha una valenza negativa e spregevole. Perfetto. Lo diciamo per primi noi di esserlo, così nessuno può rimanere deluso una volta che ci ha conosciuti. Siamo dei farabutti, filibustieri, manigoldi, birbanti. Se volete cose carine ed innocue, andate altrove.
SWZ: Ha subito un’evoluzione il vostro sound, dalla nascita della band ad oggi?
FARABUTT!: L’idea della nostra musica è quella che sia sempre in mutamento. L’unica cosa fissa è il cantato di Andrea, che ha un approccio talmente particolare che funge a nostro avviso da collante per tutte le sperimentazioni sonore che facciamo. Ma già adesso dal vivo stiamo proponendo un paio di brani registrati nel disco in una veste diversa. Un tempo c’era questo genere che si chiamava cross over, che non era rap metal, ma semplicemente la voglia di incrociare varie influenze. Ci piace sposare questo atteggiamento, sperando di riuscire a farlo nostro al meglio.
SWZ: Concludete l’intervista con un messaggio!
FARABUTT!: Grazie SOUNDWAVESZINE per l’intervista e grazie a tutti i lettori che hanno letto fino a qui. Vi aspettiamo ai nostri concerti, vi accoglieremo a braccia aperte nella birbante famiglia dei Farabutt!