
Attore, cantautore… e quanto altro nella sensibilità pop di Giacomo Casaula che dentro una canzone dalle forme classiche, radiofoniche di melodie pulite, affronta il tema della plastificazione sociale, di questo modo “sintetico” di stare al mondo. Ma la scusa buona è quella di fare canzoni dentro cui regna la semplicità e lo stile del classico pop d’autore.
SWZ: Per te il cantautore oggi che ruolo ha?
Giacomo Casaula: Credo che gli artisti in toto dovrebbero sempre cercare di raccontare il proprio tempo, mettendovi chiaramente dentro anche quello che è il vissuto personale. Poi vi sono alcuni temi, alcune sfumature, che non hanno tempo e possono essere raccontate sempre.
SWZ: E questo ruolo, o questa immagine sociale, secondo te è stata ben celebrata da questo disco? In qualche modo questo disco ha restituito quello che doveva al tuo essere cantautore?
Giacomo Casaula: Non era uno degli obiettivi primari sinceramente. Poi personalmente ho difficoltà ad attribuire un’etichetta precisa. Anche i dischi li definisco sempre progetti, e con il Teatro-canzone non potrebbe essere altrimenti.
SWZ: La lirica e l’interpretazione: altri due ingredienti che sembrano, almeno nella mia percezione, che oggi siano considerati un poco meno del dovuto… non trovi? A proposito di vita sintetica…
Giacomo Casaula: Si, sono d’accordo. Soprattutto la sfera interpretativa dovrebbe avere un’importanza nettamente superiore.
SWZ: Ma nel quotidiano, nel profondo, davvero siamo ridotti ad essere sintetici oppure nelle cose importanti si torna alla vita “analogica”?
Giacomo Casaula: Temo che la liquidità e la “sinteticità” abbiano investito tanto la sfera sociale quanto quella individuale e relazionale ma come ogni dogma ci sono stupende eccezioni analogiche.
SWZ: E per ripescare un concetto di una tua canzone: non è che in questa società viviamo investendo sulle idee senza però avere gli strumenti di metterle in pratica? Cioè di astrazioni?
Giacomo Casaula: Forse bisognerebbe tornare veramente alle idee. Gaber cantava ‘Se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione’, mi ci ritrovo molto. Se non c’è spinta ideale vera non ci può poi essere una concretizzazione o un’azione pulita. Aggiungo che insieme alle idee si dovrebbe tornare a riflettere anche sugli ideali, una parola che appare oggi desueta, sorpassata e che mai come ora invece risulta attuale; gli strumenti nascono anche da lì.