Classe 1973. Autore, paroliere, arrangiatore e cantautore. Nel 2000 forma la band Pura Utopia di cui sarà cantante e chitarrista e per cui comporrà due album. L’omonimo Pura Utopia edito da VioliPiano Records e Co.Co.Co, frutto di una collaborazione tra l’etichetta cinico disincanto e Altipiani Records. La band sarà attiva fino al 2014.
Del primo album che è seguito da un tour nazionale il brano “L’uomo del potere” entra nella programmazione di diverse radio nazionali, vince il premio speciale Amnesty International ed entra nella compilation Rai Trade. Vengono chiamati ad aprire Sanremo Off, la prima edizione del V-Day e “recital” di Paolo Rossi.
Del secondo album, nel 2011 il brano “quando parli il cinese” viene tolto poco prima dell’uscita ed inserito nel disco di Paolo Belli (Giovani e Belli), in cui compare eseguito a due voci con il cantante Modenese. Brani del disco vengono anche presentati al teatro Masini per l’inaugurazione del MEI e successivamente con un live in diretta nazionale su RadioRai1.
Trasferitosi a Praga, continua la sua attività come musicista, compositore ed arrangiatore.
Come e quando prende vita la tua strada musicale?
Ho vissuto la musica fin da bambino, perché mio padre era un musicista. Nei miei primi ricordi c’è lui con la sua fisarmonica, il fruscio e il profumo degli spartiti e le melodie popolari che conoscevo a memoria.
A undici anni ho iniziato a studiare il piano, poi mi sono appassionato alla chitarra ed appena ho avuto l’occasione mi sono trovato a suonare per i locali della capitale.
Sono sempre stato uno studente svogliato e invece di studiare diligentemente perdevo un sacco di tempo a scrivere le mie strampalate composizioni. Mi sono subito innamorato anche del genere canzone.
Negli anni novanta mi sono ritrovato a suonare nel Folkstudio di Roma, una specie di tempio dei romani. Mi ha affascinato quell’atmosfera tra la poesia e la musica.
Nel 99 è iniziata l’avventura con la band Pura Utopia formata con mio fratello Andrea. È stato un momento divertentissimo della mia vita. Abbiamo messo su un repertorio originale di brani con un forte contenuto sociale e con uno stampo quasi demenziale. È iniziata per gioco e ci siamo ritrovati in poco tempo con un contratto discografico e a suonare in giro per l’Italia. Con la band abbiamo suonato ovunque, dai locali più scalcinati fino alla Rai, sempre con molto divertimento.
Nel 2015 abbiamo deciso di interrompere questo percorso e ho continuato a comporre le mie cose. Nel 2023 ho deciso che era arrivato il momento di tirare fuori dal cassetto le mie cose.
Come definiresti il tuo genere musicale ?
Credo che possa inserirsi nel genere cantautoriale.
Qual’è il brano più rappresentativo dell’album ?
In effetti non saprei, non so neanche se l’album ha una continuità stilistica chiara. Sono molto affezionato a tutti i brani che ho messo nell’album. Probabilmente il brano a cui sono più legato è “Addio”, che è una dedica a mio padre.
Che cosa ha di “Speciale” il tuo nuovo lavoro?
Nell’album ho tentato di metterci un po’ quello che è la mia visione del mondo e di farlo nel modo più diretto e suggestivo possibile. Se questo tentativo sia riuscito e sia interessante lo stabilità chi ascolterà il lavoro. Un aspetto curioso della lavorazione è che mentre avvenivano le registrazioni continuavo a scrivere brani nuovi… e praticamente la metà dell’album è stata composta durante la lavorazione.
Quali sono i tuoi piani più immediati?
L’idea è continuare con le presentazioni del disco in giro per l’Italia. Ci sono diversi festival a cui mi piacerebbe portare i miei brani. A fine marzo stiamo organizzando a Roma un evento in un locale molto bello che si chiama “Sopra c’è Gente” ed è una creazione del cantautore Fabrizio Emigli, un artista che ho scoperto da non molto ed al cui lavoro mi sono fortemente appassionato.
Concludi lʼintervista con un messaggio!
In questo momento c’è una fortissima necessità di imparare nuovamente ad ascoltare ed a ascoltarci uno con l’altro. Questo presuppone anche la capacità di ricominciare ad ascoltare se stessi. Viviamo in in momento estremamente pieno di cose, di informazioni, di opinioni, di conflitti… Tentiamo di abbassare il volume del rumore che ci circonda e proviamo davvero a sentire cosa gli altri hanno davvero da dire e da dirci. Questo è anche il messaggio che il disco “sette miliardi di parole” vorrebbe veicolare.