Ventiquattro minuti circa di sano rock con liriche in Italiano, che trattano temi circa i tentativi di sublimare alcune ferite in rimarginazione, affrontate con la seriosità di testi a volte anche aulici, spesso cinici e al vetriolo.
Un viaggio di passione e impegno che lascia senz’altro trasparire una capacità di scrittura interessante ma soprattutto accessibile ai seguaci ancora esistenti della suddetta corrente musicale. La semplicità a regnare come indiscussa sovrana, intrigante e cingente dentro una particolare spirale fatta di sapori intensi e malinconici. I sei brani di “Sistole”, questo il debutto del progetto solista Gli Incubi di Freud , arrivano quasi in timidezza ma colpiscono con quella maniera genuina che lascia il segno.
Nota di merito alla “nebulosa” produzione, componente che lascia fluire le note in modo increspato ma vero (il “tiro” non manca di certo, potrei definirla a mio modo come sorda e graffiante), alimentando di fatto una sensazione d’autenticità sempre meno riscontrabile nei prodotti di questi frenetici tempi.
Un disco che più gira e più piace. Piacciono senz’altro i suoni, piace (e non poco) quella voce carica di “pathos rock”, che presenta una componente versatile a tal punto da generare anche vibrazioni più pulite, il tiro ci viene insomma scagliato contro con ragguardevole naturalezza, tanto che ci troveremo inconsciamente a richiedere nuovi minuti arrivati alla conclusione.
Non si può dire molto altro al momento, i brani sono davvero “l’ideale” (basterebbe l’opener “Ta”, non a caso messa all’inizio, per appagare l’entusiasmo, ma fare torti alle altre sarebbe un vero peccato) e non possono far altro che portarvi alla ricerca di questo “Sistole”, perché in fondo si spera ci sia sempre spazio per le piccole realtà e relative piccole perle.