Giei, non rompete il cazzo, non rompetevi il cazzo e piantate alberi.

Giei, non rompete il cazzo, non rompetevi il cazzo e piantate alberi.

GIEI, al secolo Marco Panichella, è un ligure e come tutti i liguri si lamenta. Il suo lamento si traduce per la prima volta in musica all’età di 15 anni quando debutta con la blues band del padre. Da adolescente fonda un gruppo funky con il quale rompe un buon numero di corde live, poi compie 18 anni sul palco suonando il basso con il gruppo punk rock del fratello, i Temple Rents (IndieBox Music). Fonda e soglie successivamente la band indie rock (The Austin)per partire in tour al basso con la band electro-pop iVenus, dove alla voce e tastiere c’era ELSO (INRI).
Tutto questo ha creato un sound fatto di tanto sudore, ginocchia sbucciate, malinconia e voce spezzata. Così nel 2012 registra un EP di tre pezzi (Before He Was Fool) per sancire finalmente la nascita del suo progetto solista.

CMZ: Ciao, chi è artisticamente parlando Giei?
Giei:
Bella domanda, probabilmente è la stessa che mi faccio allo specchio ogni mattina!
GIEI – oltre a essere il mio nome – è specialmente il mio modo di fare musica, senza avere particolari filtri se non suonare quello che più mi piace. è un grande mistone di roba che ho ascoltato e suonato negli anni compressa in riff di chitarra acidognoli.

CMZ: Quali sono le tue fonti di ispirazione?
Giei:
Non vorrei essere presuntuoso nel dirlo, ma non ho mai avuto vere e proprie fonti di ispirazione. Anzi, in qualche modo le ho sempre volute. Non ero per esempio uno di quei ragazzini in fissa con Hendrix o altri chitarristi famosi che si imparava a memoria giri, gesti, postura ecc. In quel senso non ho avuto super idoli di cui ero ossessionato ma ho avuto molta musica che mi ha accompagnato e perché no, è stata inevitabilmente di ispirazione.
Posso fare molti nomi, dagli AC/DC a Beck, dai Foo Fighters a St. Vincent, da Adriano Viterbini a Cory Wong, dagli Audience ai Nirvana, dagli Offspring agli Arctic Monkeys fino alle Haim. Guarda, la butto un po’ in caciara democristiana ma in realtà credo molto in quello che sto per dire: qualsiasi cosa che ascolto per me è fonte di ispirazione – delle volte anche musica che mi fa cagare!

CMZ: Hanno un filo conduttore i brani che hai pubblicato ?
Giei:
Sì, sono stati scritti più o meno nello stesso periodo durante la prima ondata di pandemia. Un periodo dove sapevo che avrei salutato la soffitta dove abitavo a Forlanini (quartiere di Milano) ma non sapevo precisamente quando, perché chiaramente bloccato dal lockdown. Quindi è un disco di addio a una casa, a un momento della mia vita, a dei pensieri e delle paure che avevo ogni giorno – il tutto condito di funky rockeggiante, perché quello è sempre stato il mio modo di suonare. (poi ascoltavo molto i Vulfpeck in quel periodo).

CMZ: Ha subito un’evoluzione il tuo sound, dalla nascita del progetto ad oggi ??
Giei:
Certo! Penso si stia evolvendo ancora, diventando più maturo e più omogeneo. La differenza maggiore credo sia nella composizione del brano, nella struttura. L’altra grande differenza è stata quella di approdare a un tipo di produzione sonora più elevata. Le prime canzoni erano molto Low-Fi, ora la qualità è decisamente migliore. Questo ha fatto sì che anche il mio modo di concepire la musica si adeguasse alle risorse più potenti che avevo. Poi la radice è sempre la stessa, il mio modo di suonare è quello, quindi ci sono alcune cose che non cambieranno mai.

CMZ: Hai mai pensato ad un testo in Inglese ?
Giei:
Assolutamente. Sembra assurdo ma io le penso sempre prima in inglese (anche farfugliato) perché sono cresciuto specialmente ascoltando musica in lingua inglese. Però ancora oggi è difficile comunicare alcune cose in un’altra lingua. Direte, nel 2022?! Secondo me sì, se si vuole coinvolgere a pieno il pubblico con pezzi originali e più difficile farlo in lingua inglese. Chiaramente dietro a questo pensiero c’è un discorso molto Pop della musica. Poi il mio genere in italiano penso sia qualcosa di atipico. Quindi, perché no? Per ora va bene così, Nel futuro potreste sentirmi in inglese, oppure potreste non sentire proprio la mia voce – lo strumentale mi attizza e lo sento più idoneo a questo periodo della mia vita.

CMZ: Concludi l’intervista con un messaggio!
Giei:
No rompete il cazzo, non rompetevi il cazzo e piantate alberi.

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